MAR-DOM 9.00 - 13.00 / 16.00 - 18.00 (estivo 18.00 - 21.00)

Sala di Is Cuccureddus


La sala posta al primo piano e raggiungibile mediante una lunga rampa è dedicata al santuario di Is Cuccureddus. Il materiale esposto proviene per lo più dagli scavi effettuati fra il 1983 e il 1987. Una vetrina ospita i materiali restaurati provenienti dagli ultimi scavi archeologici

La posizione del tempio e l’evidente carattere emporico (evidenziato da alcuni materiali) hanno fatto ipotizzare che il santuario fosse consacrato alla dea Astarte.

I materiali dedicati alla cura del corpo, unguentari fenici e d’importazione, e il doccione fallico, esposto nella prima vetrina, indicherebbero che nel santuario si praticasse la prostituzione sacra, come pare avvenisse in alcuni dei templi dedicati a tale divinità e dislocati in tutto il Mediterraneo (Cartagine, Malta, Cipro, Erice, Sicca Veneria in Nord Africa, Cagliari, Monte Sirai ).

L’ambiente del santuario, che ha restituito la maggior parte dei materiali, testimonia anche le attività collegate alla preparazione e consumazione dei cibi.  Altre categorie di oggetti, rinvenute nel vano testimoniano gli intensi scambi commerciali che i Fenici di Is Cuccureddus avevano con le grandi civiltà del Mediterraneo: dall’Etruria, prima da Cerveteri e nel VI secolo a. C. in particolare da Vulci.

Un altro ambiente conteneva diversi oggetti legati alla cura del corpo: balsamari in ceramica fenici e balsamari etrusco-corinzi, soprattutto coppe e brocche in bucchero, ma anche ceramica greca ionica, laconica o corinzia.     

Di particolare interesse tra i materiali di Is Cuccureddus si segnalano cinque cretule in argilla con impressione di sigillo, combuste dall’incendio che interessò il santuario.

La necropoli relativa all’insediamento di Is Cuccureddus non è stata ancora localizzata. Gli oggetti esposti sono comuni ai corredi funerari fenici di quell’epoca: il piatto, la brocca con orlo a fungo, la brocca a sacco e le lucerne. L’incensiere, cavo dalla base fino alla sommità, che probabilmente era completato da una coppetta posta superiormente, rappresenta un esemplare raro per la Sardegna, pur essendo assai frequente nelle tombe cartaginesi. Il materiale certamente da tombe ad incinerazione si data al VII-VI sec. a.C.

A testimonianza delle fasi romane del tempio (tra il II e il I sec. a.C.) vi è una grande quantità di ex voto, di differenti cronologie, sopravvissuti alla distruzione degli edifici e costituiti in gran parte da oscilla, ossia un tipo di piccola scultura in terracotta rappresentante una testa, e da riproduzioni di parti anatomiche: seni, braccia, gambe, orecchie, simboli delle guarigioni richieste o già ottenute.

Della fase di frequentazione del tempio in Età Imperiale (I-III sec. d. C.) si conservano anelli nastriformi in piombo, decorati su una faccia con motivi geometrici, vegetali e a cordoncino; in un caso è presente anche l’iscrizione: FELICISSIM[A], due specchi di bronzo e monete in bronzo di cui è stata esposta una selezione.



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